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Chiesa Santa Maria delle Grazie: Bardano basso

Nel Medioevo Bardano, Villa Fagani (volgarmente chiamata anche Vardano, corruzione del longobardo
Varda=vedetta) è un luogo fortificato con torri e palazzi: conta diversi centri abitati che gli fanno capo e
ben tre chiese: la chiesa di San Pietro (poi codedicata anche a San Paolo); la chiesa di Santa Maria delle
Grazie; la chiesa di Santa Maria del Piano.
Le Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII-XIV, Umbria, diocesi di Orvieto, a cura di Pietro Sella,
edito nella Città del Vaticano dalla Biblioteca Apostolica Vaticana nel 1952, che si potrebbe definire il registro delle riscossioni delle tasse
al tempo chiamate decime in quanto equivalenti alla decima parte del reddito, fanno emergere molti dati sull'insediamento di Bardano. Il registro, ormai scritto in latino corrotto inizia con: In nomine Domini amen. Hee sunt persone ecclesiastice urbevetane civitatis etdiocesis que solverunt decimas ecclesiasticorum proventuum a festo S. Iohannis Baptiste citra usque adie kalendarium iunii Anno Domini MCCXXLV (sic! 1275) indictione tercia, tempori Domini Gregoriipape X subscriptis subdelegatis quas decimas de mandato ipsorum habuit et recepit frater IohannesAbuiamontis depositarius ad hec specialiter deputatus a subdelegatis predictis. La primaregistrazione, riferita all'anno 1275, alla partita 10564, a pagina 805 dell'opera citata, riporta: Dominus Oddo(ne) plebanus de Bardano solvit XXXVIII acquil. gros., III sol. et VII den. cor.,computatis XII sol. perceptis pro mortuariis in ecclesia S. Andree, ovvero Il signor Oddone plebanodi Bardano paga 38 aquilini grossi, 3 soldi e 8 denari cortonesi, calcolati 12 soldi percepiti per i mortuaridella chiesa di Sant'Andrea in Orvieto. Le numerose registrazioni, fanno rilevare che questo signor Oddone paga sempre per tutto e per tutti: nel tempo fa carriera divenendo il canonico di Sant'Andrea, la chiesa cattedrale della città di Orvieto prima della costruzione del Duomo e sede del Vescovado. In dettaglio: 10911. Item solvit pro ecclesia S. Petri de Bardano V acquil. et XVIII den. cort. (anno 1276).11235. Item a domino Od(d)one plebano de Bardano solvente pro Michaele pro ecclesia S. Petri deBardano VI acquil. et XII cort. (anno 1277).
La chiesa dei Santi Pietri e Paolo in Bardano è molto antica, non certo nella sua veste che si ammira oggie che risale al XIX secolo. In origine XII secolo, è dedicata a San Pietro e si affaccia su una via di grandecomunicazione dove passano anche i pellegrini diretti a Roma per il primo Giubileo. Il primo Giubileoordinario cristiano risale al tempo di Bonifacio VIII, che lo indice con la bolla Antiquorum Habet FidaRelatio, incisa su una lapide, ancora oggi visibile nell'atrio della basilica di San Pietro in Roma, lunedì22 febbraio del 1300 ed è chiamato "centesima indulgenza". Nell'anno 1300 accorrono a Roma più di 2.000.000 di pellegrini. Il manoscritto coevo Miscellanee del reverendo don Colombino Fatteschi conservato presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, Fondo Sessoriano della Vittorio Emanuele, numero 210/2124 pagina 561, rivela che molti pellegrini che si recano a Roma per il Giubileo lungo la via Romea o di San Marco percorrono la strada che attraversa Bardano ovvero la variante della viaCassia attraverso il ponte di Iovianus (ponte Giulio), la valle del Romealla (il cui toponimo sembra derivare dai Romei ovvero i Pellegrini), Viceno fino a Viterbo, Sutri e Roma.
Una serie di documenti datati dal 7 ottobre al 17 novembre 1345, riportati al numero DCLXXII
del Codice Diplomatico della Città d'Orvieto , confermano che ancora nel 1345 l'area a valle di Bardano
è conosciuta e citata (dagli estranei) come località San Marco ed è ancora ritenuta un'area, vicina ad
Orvieto, ma da questo indipendente. In questa zona neutrale si conducono le trattative di pace tra il
Capitano del Popolo di Orvieto, Angelino dei Salimbeni di Siena, e Benedetto di Bonconte Monaldeschi
che ha tolto vari castelli ai Montemarte. Ecco alcuni stralci specificamente relativi alla corrispondenza
di San Marco con il piano di Bardano: Il giorno appresso 16 Ottobre l'ambasciatore ser Pietro
Albertini a nome di Benedetto (Monaldeschi) si presentò alla Signoria dicendo: Che a dimostrare
quanto il suo Signore avesse gradito la deliberazione del Consiglio e quanta fosse la sua figliale
devozione verso il Comune, restituiva subito i prigioni e aveva posto fine alle offese cosi egli come tutti i
suoi stipendiari e seguaci ed era pronto agli ordini del Capitano: aver fatto proclamare la pace in Ficulle
e nelle altre terre da lui ritenute, onde si permettesse a chiunque di andare liberamente colle grascie alla
città e ritornare con la stessa libertà; non sembrargli conveniente che i suoi della Rocca Berula
offendessero quelli del Botto, se si voleva la pace, mentre al suo ritorno farebbe si che quelle cose che gli
venissero ingiunte fossero approvate anche dagli altri. Chiese licenza per Neri da Montemelino di venire
per gli affari in Orvieto, e per sè e per i suoi famigliari di stare in Ficulle: che si dichiarasse il tempo del
confine da tre mesi ad un anno e si designasse un luogo di convegno per combinare il trattato. La
risposta del Capitano fu di ritrovarsi in convegno a San Marco (l'antica chiesa di Santa Maria del Piano)
o altrove presso alla città, e ivi trattare punto per punto di ogni cosa; Nello stesso giorno adunati i
Signori coi savi deliberarono mandare a Ficulle quelli stessi ambasciatori che erano andati altra volta,
cioè Catello da Staggia, messer Nicola Mei, ser Ciuccio d. Nericole, Fazietto Phylippi e
Jacomo Angeli Tomassi per capitolare con Benedetto, coi nepoti suoi e con Giovanni di
Monalduccio. Il notaro delle Riformagioni e dei Sette ser Mino di Binduccio ebbe incarico di rogare gli
atti. I quali poi stipularonsi nella Villa di Bardano nel palazzo dei figliuoli del signor Montanaro il 22 e il
23 dello stesso mese. I capitoli si riassumono cosi: -1.0 rinunzia di Benedetto ai diritti di dominio che
potesse avere acquistato sul C. d'O. per dominazione e gonfalonierato che aveva mentre era in città: -2.0
restituzione dei castelli di Ficulle, di Fabro, Camposelvoli e Torre: -3.0 restituzione del castello e della
terra di Cetona. La revoca del confine fu ordinata ai 17 novembre per i figliuoli di messer Berardo della
Cervara. In estrema sintesi, dunque, viene fissato un convegno in San Marco (antica chiesa di
Santa Maria del Piano) e questo si svolge nella Villa di Bardano nel palazzo Montanaro (Bardano
alto).
Alla data di giovedì 1 aprile 1350, nei Comentari di Monaldo Monaldeschi, alle pagine 106 e 107, è
scritto: Per trattato di alcuni fanti di Gialachino de Monaldeschi dell'Aquila, che domina Bardano, che
è di parte malcorina, Cataluccio di Galasso di Bisenzo, ovvero Cataluccio Monaldeschi della Cervara
Signore di Bisenzo e di Torre Alfina, prende quel luogo, ed entratovi con 50 cavalieri e più di 200 fanti,
trova per esser il luogo forte, ch'era molto ben munito, et eravi molta roba, et assai grano; per la qual
presa, et d'altri luoghi intorno, li Monaldeschi della Cervara con lor parte beffata, e muffata,
rinforzarono alla parte contraria, che dominava Orvieto, la guerra, e tenendo quella città quasi
assediata, non poteva nessuno senza gran guardia de cavalieri, et pedoni uscire della città; di modo che
né grano, né altre biade si poteva raccogliere se non da altri luoghi vicini alla città. Questa
registrazione è molto interessante, per avere storicamente un'idea di Bardano del tempo. L'attenta
analisi di questa cronaca conferma l'esistenza di fortilizi in Bardano ovvero Villa Fagani , dove vi è una
presenza consistente di abitanti ed uomini d'armi, e quindi delle loro abitazioni, per essere necessario
conquistare il luogo con 200 fanti e 50 cavalieri: rivela, inoltre, anche l'attività svolta dagli abitanti
ovvero, principalmente la coltivazione del grano, del farro e dei foraggi, ma anche la preparazione di
generi alimentari quali insaccati, salati, affumicati, formaggi, vini, oli, e, probabilmente, la fabbricazione
di tessuti per abbigliamento, di corde, di spaghi.
L'abitato di Bardano è distrutto nel 1451 a causa delle lotte intestine fra i signori di Orvieto. Nei
suoi Comentari, a pagina 137, Monaldo Monaldeschi registra: "Et perché l'anno seguente (1451) si
scoperse un trattato, che Gentile della Sala voleva pigliar Orvieto, fu mandato un Commissario del papa
(Marsilio da Rieti), che fece bandire Gentile, et scarcare Bardano, ch'era fortezza pur vicino alla Città, et
allora di questi Monaldeschi della Vipera: et così fu scarcata la Sala, et salvati li beni che avevano a
Ficulle, et Bardano, per le figliuole femine di Francesco di Monaldo, et di Pier Monaldo di Angiò, ch'una
era maritata al Marchese di Foligni, et una a Tomasso di Amelia. Onde ebbe principio la ricchezza delli
Clementini oggidì Domicelli Orvietani, et un'altra maritata in casa di Benincasa. Le tre chiese sono
sopravvissute alla distruzione ed oggi fanno tutte parte della Parrocchia di Sferracavallo.
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